LA FIGLIA DEL MAGO

Proprio ai confini con la Finlandia si trova un’alta montagna che, dal lato svedese, è ricoperta da bellissimi boschi di cedri e, dall’altro, da scuri pini, così strettamente allineati tra loro e così rigogliosi nell’ombra, che si potrebbe quasi dire che il più piccolo uccello non riuscirebbe a trovare la sua strada attraverso i boschetti.
Sotto il bosco ceduo si trova una cappella con l’immagine di San Giorgio, come guardiano della terra e come difesa contro i draghi, se ce ne sono, e da altri mostri del paganesimo, mentre, dall’altra parte, ai margini della scura abetaia, ci sono alcune capanne abitate da malvagi stregoni, che hanno, inoltre, una grotta scavata così in profondità nella montagna che si unisce all’abisso senza fondo, da cui provengono tutti i demoni che li assistono.
I cristiani svedesi che abitavano nelle vicinanze di questa montagna pensarono che fosse necessario, oltre alla cappella e alla statua di San Giorgio, scegliere qualche protettore vivente, e quindi scelsero un antico guerriero, molto celebre per le sue prodezze sul campo di battaglia, che in vecchiaia si era fatto monaco.
Quando quest’uomo andò a prendere dimora sulle montagne, il suo unico figlio (poiché in precedenza aveva vissuto nel mondo come un uomo sposato) non lo lasciò per nessun motivo, ma visse anch’egli lì, assistendo il padre nei suoi doveri di guardiano e negli esercizi di preghiera e penitenza, eguagliando pienamente l’esempio che gli veniva ora offerto, come aveva fatto in precedenza il suo esempio di soldato.
La vita condotta da quei due valorosi campioni si dice che sia stata molto ammirevole e pia.
Una volta accadde che il giovane eroe andasse a tagliare la legna nella foresta. Portava sulle spalle un’ascia affilata ed era inoltre cinto da una grande spada; poiché i boschi non solo erano pieni di bestie feroci, ma anche abitate da uomini malvagi, i pii eremiti presero la precauzione di andare sempre armati.
Mentre il buon giovane si faceva strada nel bosco ceduo più fitto e già vedeva sopra di esso le cime appuntite degli abeti (era infatti vicino alla frontiera della Finlandia), si avventò contro di lui un grande lupo bianco, tanto che ebbe appena il tempo di balzare da un lato e, non potendo sguainare subito la spada, scagliò l’ascia contro l’assalitore.
Il colpo fu così ben assestato che colpì una delle zampe anteriori del lupo e l’animale, gravemente ferito, indietreggiò zoppicando con un grido di angoscia nel bosco. Il giovane guerriero eremita, tuttavia, pensò tra sé e sé: “Non è sufficiente che io mi sia salvato, ma devo prendere misure tali che nessun altro in futuro possa essere ferito o addirittura terrorizzato da questa bestia feroce”.
Allora si precipitò il più velocemente possibile tra gli abeti e inferse un colpo così violento con la spada sulla testa del lupo che l’animale, gemendo pietosamente, cadde a terra.
A questo punto il giovane fu colto da uno strano stato d’animo di rammarico e compassione per la sua povera vittima. Invece di metterlo subito a morte, fasciò le ferite meglio che poté con muschio e ramoscelli d’albero, lo mise su una specie d’imbracatura di tela sulla quale era solito portare grandi fascine e, con molta fatica, lo portò a casa, nella speranza di poter finalmente curare e domare il suo avversario caduto.
Non trovò suo padre nella capanna e non fu senza un po’ di timore e ansia che posò il lupo sul suo letto, che era fatto di muschio e giunchi e sul quale aveva inchiodato San Giorgio e il Drago. Poi si rivolse al focolare della piccola capanna, per preparare un balsamo curativo per le ferite. Mentre era così occupato, fu molto stupito di sentire i lamenti e le lamentele di una voce umana dal letto su cui aveva poco prima deposto il lupo.
Tornato lì, la sua meraviglia fu inesprimibile nel vedere, al posto della spaventosa bestia selvaggia, una bellissima fanciulla, sulla cui testa la ferita che aveva inferto sanguinava attraverso i suoi fini capelli dorati, e il cui braccio destro, in tutta la sua grazia e il suo candido rigoglio, era disteso immobile, poiché era stato spezzato dal colpo della sua ascia.
“Di grazia,” disse lei, “abbiate pietà e non uccidetemi. La poca vita che mi resta è abbastanza dolorosa e potrebbe non durare a lungo; eppure, per quanto triste sia la mia condizione, è comunque dieci volte meglio della morte”.
Il giovane si sedette piangendo accanto a lei, che gli spiegò di essere la figlia di un mago, dall’altra parte della montagna, che l’aveva mandata sotto forma di lupo a raccogliere piante in luoghi che, con le sue sembianze, non avrebbe potuto raggiungere. Fu solo per il terrore che fece quel violento scatto che il giovane aveva scambiato per un attacco contro di lui, mentre il suo unico desiderio era stato quello di passargli accanto.
“Ma tu mi hai rotto direttamente il braccio destro”, disse, “anche se non avevo alcun disegno malvagio contro di te”.
Non riusciva a immaginare come avesse riacquistato la sua forma corretta, ma per il giovane era chiaro che l’immagine di San Giorgio e il Drago aveva spezzato l’incantesimo da cui la povera ragazza era stata trasformata.
Mentre il figlio era così occupato, il vecchio tornò a casa e ben presto venne a conoscenza di tutto ciò che era accaduto, percependo, allo stesso tempo, che se la giovane vagabonda pagana era stata liberata dall’incantesimo da cui era stata legata, il giovane era, a sua volta, incantato e ammaliato dalla sua bellezza e dal suo amabile comportamento.
Da quel momento si impegnò al massimo per il benessere dell’anima di lei, cercando di convertirla al cristianesimo, mentre il figlio si occupava della cura delle sue ferite; e poiché i loro sforzi ebbero successo da entrambe le parti, fu deciso che i due innamorati si unissero in matrimonio, dato che il giovane non si era limitato ad alcun voto monastico.
La figlia del mago era ora tornata in perfetta salute. Era stato fissato un giorno per il battesimo e il matrimonio. Accadde che una sera la sposa e lo sposo andarono a fare una piacevole passeggiata nel bosco. Il sole era ancora alto a ovest e splendeva così intensamente attraverso i faggi sull’erba verde che non riuscirono a decidere di tornare a casa, ma si addentrarono sempre di più nella foresta.
Allora la sposa gli raccontò le storie della sua prima infanzia e cantò vecchie canzoni che aveva imparato da bambina e che risuonavano magnificamente nella solitudine del bosco. Sebbene le parole fossero tali da non essere gradite alle orecchie del giovane (perché le aveva imparate tra i suoi parenti pagani e malvagi), egli non poteva interromperla, in primo luogo perché l’amava così teneramente e, in secondo luogo, perché lei cantava con una voce così chiara e dolce che l’intera foresta sembrava gioire della sua musica.
Alla fine, però, le teste appuntite dei pini divennero di nuovo visibili e il giovane volle tornare indietro, per non avvicinarsi troppo all’odiata frontiera finlandese. La sua sposa, però, gli disse: “Carissimo Conrad, perché non dovremmo camminare ancora un po’ ? Vedrei volentieri il luogo in cui mi hai ferito così crudelmente alla testa e al braccio! E mi hai fatto prigioniera, cosa che alla fine ha contribuito alla mia felicità”. Mi sembra che ora siamo molto vicini al luogo”.
Di conseguenza, cercarono qua e là, finché alla fine il crepuscolo calò fioco e pesante sui fitti boschi. Il sole era tramontato da tempo. La luna, tuttavia, era sorta e, quando spuntò la luce, gli innamorati si trovarono sulla frontiera della Finlandia, o meglio, dovevano essere già andati un po’ oltre, perché lo sposo fu estremamente atterrito quando si trovò il cappello sollevato dalla testa, come se fosse stato sollevato da una mano umana, sebbene vedesse solo il ramo di un abete.
Subito dopo, l’aria intorno a loro si riempì di esseri strani e soprannaturali: streghe, diavoli, nani, gufi cornuti, gatti dagli occhi di fuoco e mille altre diavolerie che non si possono nominare né descrivere, giravano intorno a loro come se danzassero su una musica veloce.
Dopo che la sposa rimase a guardare per un po’, scoppiò in una fragorosa risata e infine iniziò a ballare furiosamente insieme a loro.
Il povero sposo poteva gridare e pregare quanto intensamente voleva, poiché lei non gli dava mai retta, ma alla fine si trasformò in un modo così straordinario che non riuscì a distinguerla dagli altri ballerini.
Pensò, tuttavia, di averla tenuta d’occhio e di aver afferrato una delle ballerine; ma ahimè, era solo un orribile spettro che lo tratteneva e gli gettava addosso il suo ampio sudario ondeggiante, in modo che non poteva fuggire, mentre, nel contempo, alcuni dei neri demoni sotterranei lo tiravano per le gambe e volevano portarlo giù con loro nelle loro caverne senza fondo.
Fortunatamente gli capitò in quel momento di farsi il segno della croce e d’invocare il nome del Salvatore, al che l’intera vile assemblea cadde in confusione. Si misero a ululare e scapparono in tutte le direzioni, mentre Conrad nel frattempo si salvò attraversando nuovamente la frontiera e mettendosi sotto la protezione del bosco ceduo svedese.
La sua bella sposa, però, era completamente perduta e in nessun modo avrebbe mai potuto riaverla, anche se spesso veniva al confine con la Finlandia, gridava il suo nome ad alta voce, pianse e pregò, ma tutto invano.
Molte volte, è vero, la vide fluttuare tra i pini, come se fosse in caccia, ma era sempre accompagnata da uno stuolo di creature spaventose e anche lei sembrava selvaggia e sfigurata. Per la maggior parte del tempo non si accorgeva di Conrad, ma se non poteva fare a meno di fissarlo con gli occhi, rideva in modo così smodato e con uno stato d’animo così strano e innaturale, che lui era terrorizzato e si faceva il segno della croce, al che lei scappava sempre via, ululando, nella macchia.
Conrad cadde sempre più in una malinconica astrazione, non parlava quasi mai, e sebbene avesse abbandonato le sue vane passeggiate nella foresta, se qualcuno gli faceva una domanda, l’unica risposta che dava era:
“Sì, se n’è andata oltre le montagne”, tanto poco sapeva o ricordava di qualsiasi altro oggetto al mondo se non la bellezza perduta.

Alla fine morì di dolore e, secondo una richiesta che aveva fatto una volta, suo padre gli preparò una tomba nel luogo in cui la sposa era stata trovata e persa, anche se durante l’adempimento di questo dovere ebbe molto da fare: in un momento contendeva con il suo crocifisso contro gli spiriti maligni e in un altro, con la sua spada, contro le bestie selvagge, che senza dubbio erano state mandate lì dai maghi per attaccarlo e infastidirlo.
Alla fine, però, portò a termine il suo compito e in seguito sembrò che la sposa piangesse per la morte prematura del giovane, poiché si sentiva spesso un suono di ululato e lamento presso la tomba. Per la maggior parte, in effetti, questa voce è simile a quella dei lupi, ma allo stesso tempo si distinguono accenti umani, e io stesso l’ho ascoltata spesso nelle buie notti d’inverno.
Ahimè, la povera fanciulla si era avventurata di nuovo così vicino ai sentieri maledetti a cui aveva rinunciato. Pochi passi indietro e tutto è perduto!

Folk-lore and Legends: Scandinavian – 1890

Grazie a Google Libri