Il mio balconcino

Emilia Mariani

Oh, le rose! le rose! sono proprio le regine dei fiori! Dalla piccola rosa selvatica dei boschi, alla splendida dalle cento foglie che si pavoneggia nei giardini, quanta varietà! Le une grosse, larghe, dai lembi arrovesciati s’inalzano superbe sui cespi robusti; le altre piccole, chiuse, a mazzolini sugli steli arrampicanti; queste dai petali vellutali, dalle foglie lucide, dallo stelo roseo e quasi sprovvisto di spine; quelle ruvide, sfarfallate, sorgenti frammezzo a foglie d’un verde-chiaro, scabre e dallo stelo spinosissimo.
Tutte le gradazioni di tinte: dal rosso-cupo al rosa-pallido; di profumi: dall’acutissimo della rosa di Damasco al leggerissimo della rosa-canina. Sono i fiori più belli di tutti gli altri; crescono e olezzano tanto pel povero che pel ricco; per la forosetta che le raccoglie nelle siepi e se ne fa ghirlanda, come per la signora che ne spoglia le ricche serre; per un pranzo di nozze, come per un funerale; si posano sulla bara del bambino, come su quella del vecchio…
M’è scappato tutto questo ragionamento sulle rose, al ritorno della mia visita all’esposizione dei fiori dove ce n’era una varietà infinita. La zia fece molte compere, ed a me donò un bel cespo di rose indiche (quelle che fioriscono tutti i mesi). I fiori sono di un color rosso-cupo, mandano un olezzo grato ma leggero; le foglie lucide, terminate in punta, e lisce; l’arboscello coperto d’innumerevoli bottoncini quali piccioli piccioli, quali lasciando intravedere fra il calice, verde i pètali rossi: riuniti, formano un bel cespo.
«Le rose sono di facile coltivazione, » mi ha detto la zia; «bisogna tenerle pulite dai seccumi, innaffiarle poco e non esporle troppo ai cocenti raggi del sole. Esse hanno nemici terribili in quegli afidi che già ti fecero disperare quest’inverno, ma tu le terrai d’occhio, e ora che sai il rimedio, ti sarà facile preservarne il tuo arboscello. Questo ha poi il vantaggio di non temere il freddo, anzi resiste ai più crudi geli».
All’esposizione non c’erano solamente rose, ma tanti e tanti fiori che sarebbe lungo e impossibile quasi enumerarli tutti. Dirò solamente di quelli che la zia m’ha comperati: un bel vaso di garofani rossi, carico di fiori che pendevano dai rami flessuosi; una vaniglia coi fiorellini viola, odorosissimi, ed un vasettino d’una cert’erba con foglie d’un verde-chiaro, ovali, pelose, e con certi fiorellini gialli che spandono un soave odore di muschio. Questa pianticina è detta Mimolo ed è delicatissima. Guai se io la lasciassi esposta ai raggi del sole, anche solo per poco: sarebbe irremissibilmente perduta. Bisogna innaffiarla abbondantemente, e tenerla sempre all’ombra, non rinchiusa, ma all’aria libera.
Ah, gli è bello davvero il mio balconcino! Come spiccano tutte quelle pianticelle fiorite, quell’assieme di diversi colori, e tutto quel profumo che da esse si sprigiona!
Che bella cosa, quando viene a trovarmi un’amica diletta, poterla condurre sul balconcino, e dopo avergliene fatto ammirare i vaghi arbusti spiccare da quelli un fiorellino e donarglielo! Che gioja d’aver potuto per tutto il mese di maggio ornare coi miei propri fiori l’altare della Madonna! E che dirò poi della contentezza provata l’altro giorno nel poter regalare d’un mazzolino quella povera fanciulletta che, da mezz’ora, era in contemplazione dinanzi alla fioraja qui dirimpetto! la vedeva dal mio balcone, e guardava con certi occhi luccicanti pel desiderio, un grosso mazzo che quella stava componendo e che appena terminato corse a portar via.
Allora la ragazzina, che fino allora aveva ammirato e desiderato soltanto, a quella subita sparizione, non potè trattenere due grossi lagrimoni che le corsero giù per le guance. Poveretta ! lo sapeva io perchè piangeva! era la festa della sua mamma, ed ella non aveva neppur un soldo per comperarle un fiore! Allora io, dato uno sguardo a quelli del mio balconcino, non mi tenni più; e, senza pietà, li saccheggiai tutti per comporre un bel mazzo che lasciai cadere ai piedi della bambina. Chi può descrivere l’espressione del suo viso, la gioja vivissima che brillava ne’suoi occhi ancor lagrimosi? Oh, come la sua felicità mi ha compensata di tutte le fatiche, di tutte le cure che i fiori mi erano costati! E tutto ciò che era mai in confronto del bene che aveva potuto fare a quella poveretta ?

EMILIA MARIANI.

Da Google Libri
L’infanzia giornale pei fanciulli


Emilia Mariani, (Torino, 23 marzo 1854 – Firenze, 27 febbraio 1917) ha fatto la maestra a Torino presso la scuola elementare Pacchiotti, personaggio importante nella storia della difesa dei diritti, socialista e femminista.