I piccoli minatori
Se viaggiaste nel Nord a piedi o in carrozza, nel Belgio, per esempio, vi sarà capitato qualche volta di entrare in una grossa borgata di due o trecento case, e di non incontrarvi anima viva. Girate l’occhio intorno per la campagna; la stessa solitudine.
Finalmente vedete un albergo, entrate nella sala deserta, e chiedete dove siano gli abitanti del paese che pare mietuto dalla morte.
Vi si risponde:
— Essi sono nella miniera.
A questa risposta può darsi che vi accontentiate di pensare con indifferenza:
— Poichè abbiamo bisogno di carbon fossile, è necessario che qualcuno vada ad estrarlo dalle viscere della terra. Sia! A rigor di termini posso ancor io accontentarmi, come voi, di tale idea, e lasciare che ci sieno uomini condannati dal caso, che li fece nascere piuttosto qua che là, a non veder mai il sole tranne nei giorni solenni della vita.
L’accattone, nato a Napoli, si sdrajerà all’ombra di un palazzo, mezzo nudo, cantando allegramente, chiedendovi un carlino, e con un paio di fichi ed un po’ di maccheroni si nutrirà e sarà l’uomo più felice del mondo. Nato invece a Charleroi, a Mons od a Chatelineau, per buscarsi un tozzo di pane bisognerà che acconsenta a seppellirsi nelle viscere della terra.
Se dovessimo intenerirci per tutte le miserie, noi non potremmo possedere un oggetto senza sentire un’ eco lontana di singulti umani.
Ma, fra le tribù più selvaggie, più feroci del centro dell’ Africa vi ha un essere sacro il fanciullo.
Noi non siamo ancora al loro livello.
Io andava sovente in una casa d’amici, dove trovavasi un vecchio cieco: era un minatore; gli occhi erano scomparsi, e non restavano che due fori in mezzo ad una faccia picchiettata di macchie turchine. Come trovavasi egli in quella casa? Lo si avea sempre conosciuto, ed i vecchi padroni lo avevano raccolto in quello stato nell’età di dodici anni. Egli viveva in quella casa amato dai padroni, rispettato dai domestici.
Una sera d’inverno, io mi trovava vicino a lui, accanto ad un camino sul quale bruciava carbon fossile. Ad un tratto il gas che sfuggiva da uno dei pezzi cigolò lentamente in modo particolare, lo si avrebbe detto un gemito.
Il cieco si fece il segno della croce.
Gliene chiesi il perchè.
— È l’anima d’un fanciullo minatore che piange, o signore, mi disse.
— E che cos’è un fanciullo minatore, compare Lorenzo?
— È un fanciullo che lavora nelle miniere, come io pure lo feci in altri tempi. Ogni qualvolta il carbone piange è segno che un fanciullo è morto nella galleria da cui il carbone fu tolto. Egli è che il carbone, io te lo dico apertamente, è un grande infanticida davvero, continuò egli nel suo dialetto fiammingo.
Ci calavamo nei pozzi a due a due sur un pezzo di legno, ci passavano una corda tra le gambe, e noi ci tenevamo aggrappati colle mani. Io aveva dieci anni, mia sorella dodici, mio fratello quindici.
Mio padre e mia madre lavoravano nelle grandi gallerie. Noi altri eravamo destinati per le piccole, dove gli uomini non possono passare. Immaginate, se lo potete, che cosa facevamo noi per dodici ore continue e tutto il giorno sempre soli.
Mio fratello, che aveva l’età richiesta, era nudo e supino in un corridoio di due piedi e mezzo d’altezza, e staccava i pezzi con una zappa. Bisognava star sempre sull’avviso, perchè i pezzi di carbone cadevangli addosso sovente; egli avea piaghe su tutto il corpo.
Io, era occupato a caricare, essendo ancor troppo piccolo per lavorare nelle gallerie basse; bisognava raccogliere il carbone, deporne i pezzi su di un carretto, e quando era carico spingerlo sino alle grandi gallerie; là si forma un convoglio che è trascinato dai cavalli sino al punto di uscita.
Durante le mie dodici ore, io faceva talvolta sette od otto leghe nelle gallerie, sempre colla testa bassa per paura di spaccarmela contro alla volta.
— E vostra sorella che faceva?
— Oh! signore, è orribile a dirsi, Ella aveva una cintura alle reni che passavale fra le gambe, e col mezzo di una catena attaccavasi all’uncino del carretto. Così attaccata la povera fanciulla trascinava carpóne il carico delle piccole nelle grandi gallerie. Fortunatamente ella è morta di quattordici anni, un anno prima della mia catastrofe.
— E vostro fratello?
— Sparito, signore, l’ho saputo di poi, mi trovavo già da qualche tempo in questa casa; vi ebbe un grisù nella miniera, nè più si ritrovò la galleria dove lavorava.
Io non credo all’anima di fanciulli minatori che piange nei pezzi di carbone; ma ogni volta il mio orecchio è percosso da quel cigolio, mi torna alla memoria il racconto del vecchio cieco.
Articolo tratto da: L’Emporio pittoresco, Volumi 10—11
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Integrazioni
dal sito: Rivista marittima, Parte 2 pag. 508
DATI STATISTICI SULLE MINIERE DEL CARBON FOSSILE.
Togliamo dal Times del 24 e 27 scorso mese (1872) i seguenti dati statistici che ci sembrano di grande interesse:
«Non meno di 500000 persone sono attualmente impiegate nelle 4991 miniere di carbon fossile in Inghilterra. Dal rapporto della Commissione incaricata di riferire intorno alle condizioni di questi operai, apparisce che molti bambini di 5 anni sono impiegati a lavorare nelle miniere soto terra, e che simile lavoro è dalle donne adempiuto in condizioni fisicamente e moralmente degradanti, e che il carattere tetro dei minatori, uomini, donne e bambini, sta in egual proporzione coll’oscurità dei luoghi in cai lavorano.» Il conte di Morley nella relazione sulla legge relativa alle miniere di carboni e di minerali, divideva il soggetto in tre punti principali:
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La riforma sociale, Volume 1 pag. 198
The mines Regulations acts (La legge sul lavoro delle miniere).
La condizione della massa dei minatori era peggiore di quella degli operai delle officine nel 1840, e nessun provvedimento era stato preso in loro favore fino al 1843, anno in cui fu approvata la prima legge sulle miniere, messa in esecuzione soltanto nell’anno successivo.
Prima di questa, uomini e donne e fanciulli di ambo i sessi lavoravano nelle miniere in uno stato di seminudità; l’età alla quale i fanciulli venivano impiegati nei lavori delle miniere e aggiogati ai carri come capre o cani per estrarre il carbone e trascinarlo dai centri interni alla bocca dei pozzi è incredibile; si incontravano bambini di sei e anche di quattro anni. Il fatto è attestato dalla relazione di una commissione, presentata nel gennaio 1843.
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