GLI SPIRITI

CREDENZE SUPERSTIZIOSE DEL POPOLO NISSENO

E comune credenza che l’aria sia abitata dagli spiriti o, per meglio dire, dalle donne (fate), poichè gli spiriti propriamente detti si compiacciono di abitare in vecchie case disabitate; in luoghi dove si celano tesori antichi, che essi custodiscono gelosamente, o al rezzo di certe frondose piante.

Gli spiriti si dividono in due categorie: benigni e maligni. I primi, le fate, o, come volgarmente vengono chiamate, donne, abitano l’aria, e non fanno male a nessuno. Amano i bambini, coi quali spesso si trastullano, prendendoli dalle loro culle e portandoli in giro. Nel più bello, però, dimenticano di riporli nelle culle, e li lasciano a terra, o sopra, o sotto al letto, dove poi li ritrovano le madri, tranquilli e sorridenti come se nulla fosse stato. Le madri capiscono il latino e rimettono i bambini al loro posto senza fiatare. Così trastullansi le donne, e la loro misteriosa esistenza non è che un alternarsi di scherzi innocenti e allegre carole.

Gli spiriti maligni invece sono tristi e vendicativi, e godono del male che procurano ai poveri mortali. Storpiano, regalano malattie, e, nelle loro ridde, ordiscono inganni e malefici.

Gli spiriti vengono descritti di piccolissima statura, vestiti di rosso con in capo un berretto dello stesso colore; hanno aspetto biricchinesco. Alle volte, però, mutan forma e si mostrano sotto l’aspetto di vecchi, di cani o di gatti neri.

Chi abita case suggittusi, cioè case frequentate dagli spiriti, corre pericolo di acquistare delle malattie misteriose che lo lasciano storpio per tutta la vita. Simile pericolo corre chi si addormenta incautamente all’ombra di alberi di noce o carubbo, poiché gli spiriti numerosi frequentano l’ombra fresca di tali alberi.

Il popolino di Caltanissetta accenna spesso ad alcune case che si ritengono abitate dagli spiriti; fra le tante, una vecchia casa diruta che appartenne un tempo ad una ricchissima famiglia, ora estinta, la famiglia Stella. Dicono le donnicciuole che quelle rovine sono abitate dagli spiriti, e la notte i vicini, oppure i passanti, avvertono colà dentro dei misteriosi rumori. Riguardando quelle rovine, appresi un giorno da una mia vecchia serva un bizzarro racconto che val la pena di riportare.

Il fatto, che la vecchia mi narrò come accaduto ad una sua antenata, risale forse al finire del secolo passato o al principio del presente.

In quel tempo la casa era abitata da una signora, forse l’ultima rappresentante della famiglia Stella, e che viveva sola non avendo parenti intimi. Una serva accudiva alle faccende domestiche. La signora Stella cambiava spesso le sue serve perchè tutte fuggivano spaventate dalla sua casa per quello che ivi vedevano. Fra le tante serve ve ne fu una nome Nicoletta, l’antenata della vecchia che a me narrò il racconto.

Quando Nicoletta entrò al servizio della signora Stella, questa le disse che, siccome ogni notte un forte dolore di stomaco l’assaliva, era necessario che ogni notte essa si recasse in cucina a prepararle una tazza di acqua calda, e non aver timore di nulla checchè vedesse. Nicoletta promise tutto dicendo di essere coraggiosa, ed entrò in servizio.

La prima notte che Nicoletta dormi in casa Stella dovette mettere alla prova il suo coraggio.
Era quasi la mezzanotte, quando si sentì chiamare dalla signora, la quale, essendo già stata assalita dal suo dolore di visceri, domandava l’acqua calda.

Nicoletta allora, senza mettere tempo in mezzo, corse in cucina, ma colà l’aspettava una inaspettata sorpresa.

Davanti alla porta un uomo con parrucca, tricorno, marsina e calzoni corti se ne stava tranquillamente a strofinarsi le spalle ai battenti dell’uscio.

Si sorprese, è vero, Nicoletta alla vista di colui, ma essendo coraggiosa, e conoscendo che razza di ospiti ricettasse la casa Stella, come se nulla fosse si accinse a passare avanti all’uomo misterioso ed entrare in cucina. Allora costui le soffiò sulla candela, e gliela spense. Non per questo s’ impauri Nicoletta, che ritornò placidamente in camera a riaccendere la candela, e quindi di nuovo in cucina. L’uomo dal cappello tricornuto soffiò altra volta sulla candela, e la spense. Indispettita Nicoletta ritornò in camera, e poi di nuovo in cucina, ma prima di varcare l’uscio apostrofò l’uomo misterioso:

– Volete si o no che io prepari l’acqua calda per la padrona?

L’uomo dal tricorno non rispose e nemmeno soffiò sulla candela, ma aspettò che Nicoletta la deponesse sulla piattaforma del focolare per impadronirsene e scappar via di corsa. Nicoletta mandó una esclamazione di stizza, e gli corse dietro gridando:

– Datemi la candela che devo far l’acqua calda per la signora!

Ma l’uomo misterioso non udiva nulla e correva sempre; sali sino ai sottotetti, dove s’inoltro. Nicoletta inseguendolo non cessava dal gridare:

– Datemi la candela che devo far l’acqua calda per la signora!

Dopo alcuni giri pei sottotetti, l’uomo si fermò: Nicoletta lo raggiunse. Egli se ne stava ritto in mezzo a due grandi mucchi di pietre luccicanti.

– Vedi disse l’uomo misterioso a Nicoletta – questi due mucchi d’oro, sono il grande per te, il piccolo per la tua padrona, prendine.

Ma Nicoletta per sola risposta ripetè con la solita cantilena :

– Datemi la candela che devo far l’acqua calda per la signora ! Allora l’uomo misterioso le restituì la candela, e le disse:

– Va, sciagurata, morrai mendicando!

E disparve insieme ai due mucchi d’oro.
Nicoletta, riavuta la sua candela, ritorno in cucina, preparò in fretta l’acqua calda, la servi alla padrona, e si rimise a letto come se nulla fosse accaduto.

Di buon mattino un forte picchiare alla porta d’entrata svegliò la signora Stella. Questa chiamò replicatamente Nicoletta per vedere chi picchiava ad ora cosi insolita, ma la serva non rispose. La signora, allora, vedendo che il picchiare continuava incalzando, e che Nicoletta non si faceva viva, si alzò e si affacciò al balcone. Un popolano stava giù in istrada, e vedendola:

– Signora – disse – ieri sera dimenticarono il mantello al balcone, ed ora il vento lo ha fatto penzolare in modo che quasi cade in istrada.

La signora guardò il balcone che il popolano le indicava e che corrispondeva alla camera della serva, e vide infatti il suo mantello che penzolava giù.

La signora ringraziò il popolano, e corse nella camera di Nicoletta: apri il balcone, e, con sua grande sorpresa, trovò la serva che, mezzo involta nel mantello, dormiva placidamente stesa sulla mensola del balcone come se fosse sul suo letto.

La signora la scosse, ma durò molta fatica a svegliarla. Finalmente la serva apri gli occhi.

– Nicoletta, ma sei pazza? Ti sei coricata al balcone?
– Io? — fece stupita Nicoletta – ma che balcone, io mi sono coricata sul mio letto!

Nicoletta aveva ragione; essa s’era coricata sul suo letto, ma qualche essere misterioso l’ avea portata al balcone, le cui imposte, infatti, erano state ben chiuse internamente.
La signora domandò a Nicoletta se la notte avesse visto qualche cosa fuori del naturale.
Nicoletta allora narrò l’avventura dell’uomo del tricorno.
– Sciagurata – esclamó la signora, poi che l’ebbe udita hai perduto la tua fortuna! Ti bastava toccare quell’oro per rompere l’incanto e arricchirti, e liberarmi dal mio dolore di stomaco. Sciagurata, ignorante!
Dopo quel fatto, la Nicoletta si ammalo, e dovette ritornare a casa sua, dove rimase a letto per un pezzo prima di ristabilirsi.
Un giorno ella andò a lavare i suoi panni al pubblico lavatoio di Xibili (Zibili), e, mentre stava chinata, un cagnaccio nero le saltò sulle spalle, e poscia fuggi via.
Nicoletta si rialzò tutta storta e con la gobba. Da quel giorno ella si ammalò del tutto, divenne poverissima e mori mendicante. La profezia dell’uomo misterioso si era avverata!

Come si vede da questo racconto abitare case suggittusi è sempre cosa pericolosa. Accade sovente che gli spiriti cambiano i bambini nelle culle, e mettono mostricciattoli rachitici al posto di bambini belli e sani. Più volte ho udito non solo donne, ma uomini con tanto di barba, parlando di qualche ragazzo rachitico e contorto, asserire che quegli fu cambiato dagli spiriti quando era bambino; e, indicando qualche infelice affetto da artrite, dire che quegli rimase così conciato per aver abitato qualche casa suggittusa, o dormito sotto alberi di noce.

– Non bisogna crederci (agli spiriti) · ripetono tutti ma ci sono!
E ciò dicono con la massima convinzione.

V. CASTROGIOVANNI MARTINEZ

Tratto do Google Libri
Rivista delle tradizioni popolari italiane, Volume 2
a cura di Angelo De Gubernatis