FOLLETTI CALABRESI

I. C. FALBO


In Cassano Jonio (provincia di Cosenza) il folletto più popolare è quello comunemente chiamato Marrauchicchio e dipinto come un omino alto due palmi, con un berrettino rosso in testa, celére come il vento, forte come un leone.
Di Marrauchicchi ve ne sono due specie: quelli « benigni » e quelli « maligni ». I benigni (beati chi li può avere in casa!) apportano la ricchezza e la fortuna nelle case ov’essi dimorano; i maligni fan continui dispetti agli abitanti delle case ov’essi si trovano.
Molte volte il marrauchicchio si fa vedere, ma scappa via presto come il lampo: se però si riesce a strappargli di testa il berrettino rosso, allora diventa umile e sommesso e promette ricchezza e fortuna, purché gli si restituisca il suo cappuccio.
Si narra d’un marrauchicchio benigno che s’era talmente affezionato ad una povera vecchierella, che non le faceva mancare niente.
Avea, ella, bisogno d’una veste? Ebbene, la mattina seguente, svegliandosi, la trovava bella e cucita, accanto al letto.
Avea bisogno di danari? E la mattina seguente, svegliandosi, trovava sotto il cuscino il gruzzoletto di danari voluti.
– Volesse il cielo e lo potessimo aver noi, in casa, un marrauchicchio benigno! mi disse una sera, Rosa, la vecchia serva di casa mia, vedendomi ridere delle sue storielle che, tutta accesa, raccontava ai fratellini più piccoli, nelle lunghe ed uggiose serate d’inverno, accanto al fuoco; ed aggiungeva: – Ricordati di zia Marianna, la quale, per opera del suo omino, alto due palmi, col berrettino rosso e con gli occhi e le mani di fuoco, era divenuta milionaria!…
Ma, guai a chi è perseguitato da un marrauchicchio maligno! Un vecchio compare di casa mia, con molta grazia, ma con non minore ingenuità, suole raccontare questa curiosa avventura toccata ad un suo zio, molti anni addietro:
Essendo – questo mio zio – per alcuni affari privati, andato nella vicina Castrovillari, la notte alloggiò in una locanda tenuta da un certo Russo. Ad una ceri’ora si coricó e spense il lume, per addormentarsi più presto.
Non era passata un’ora che mastro Carmine si senti tirare di dosso le coperte…
– Chi è mai? Che cosa può essere? pensò prima fra sė il compare, che si dava l’aria d’incredulo e di forte. E stette, un poco, aspettando: ma le coperte continuavano ad esser tirate ed a scendere.
– Per Cristo santo, chi osa insultarmi? gridò con un vocione da far tremare la cameretta; ma nessuno rispose e tutto s’acquetò. Passarono altre due ore e il giuochetto si ripetè.
– Ma, per Dio, dove siamo? – intronò mastro Carmine, cercando di accendere il lume, con dei fiammiferi di cera – allora rarissimi – che, incredibile sed verum, venivano l’un dopo l’altro smorzati da una lieve corrente di vento che attorno al lume spirava!
– Maledizione! – mormoró, pieno di rabbia il compare e poi, sentendo che le coperte cadevano a terra: – Chiunque tu sii, aspettami un poco, fammi accendere il lume che li farem bene i conti!
Finalmente riuscì ad accendere il lume, ma non trovò nessuno. S’accostò alla cameretta dell’albergatore e senti che russava profondamente, spinse l’uscio, entró e, svegliato il padrone:
– Dimni un po’, caro signor Russo, che diavolo mai ci avete in questo vostro albergo? – e si fece a raccontar l’accaduto.
– Che volete ch’io vi dica, signore mio, rispose strofinandosi gli occhi, l’albergatore, alquanto disturbato per essere stato d’un colpo svegliato. – La porta di fuori è chiusa e nell’albergo non ci siamo che voi ed io… vedete quindi che è stato un sogno bello e buono, il vostro!
– Un sogno?! un sogno?! – interruppe compar Carmine, mezzo offeso nel suo amor proprio; – dunque mi credete tanto bestia!…
– Beh! volete farvi contento? – aggiunse il locandiere, vestendosi; – venite con me, e vi farò visitare tutti gli angoli dell’abitazione…
E girarono e si chinarono e guardarono a destra, e a sinistra, e sopra, e sotto, ma nulla trovarono.
– Andiamo a veder sopra, disse l’albergatore, e salirono una scaletta di legno che menava alla soffitta. Aprirono una porticina ed, oh maraviglia!… videro passarsi dinanzi, celeremente correndo, un omino, alto un palmo, con un lungo cappuccio rosso, e con due occhietti di fuoco.
– T’abbiamo visto, t’abbiam visto! – gridò il locandiere, precipitandoglisi addosso per togliergli il famoso cappuccio, ma il marrauchicchio sparve e fe’ cader di mano il lume a compar Carmine, che… trema ancora!
D’allora quel brutto spirito folletto, non lasciò un giorno in pace il povero Russo, che fu costretto a chiudere l’albergo che gli dava da vivere.
E quando il vecchio amico di casa mia, con molta grazia, ma con non minore ingenuità, racconta questa avventura di suo zio, vedendo la maggior parte degli ascoltatori sorridere d’incredulità, esclama convinto:
– Se non vi volessi tanto bene, ve l’augurerei davvero un marrauchicchio maligno e sarebbe l’augurio il più terribile!

I. C. FALBO
Rivista delle tradizioni popolari italiane
Volume 1
1893