In una modesta cameretta scialata di bianco, al secondo piano di un braccio di fabbricato interno annesso alla chiesa di Santa Maria Ausiliatrice in Torino, spirava nelle prime ore antimeridiane del 31 gennaio ultimo scorso, (1888) Don Giovanni Bosco.
Sebbene egli fosse un intransigente cattolico; sebbene moltissimi, anzi i più dissentissero dalle idee di lui, la morte del vecchio prete è stata universalmente compianta. E meritava di esserlo. Don Bosco era un vero filantropo. Propostosi uno scopo altamente quale è quello di educare e togliere dai pericoli del male la gioventù abbandonata, aveva lavorato 50 anni senza riposo alla realizzazione di un progetto del quale la sua benefica passione facevagli sempre ingrandire le linee principali.
In cinquant’anni Don Bosco, andato a Torino a piedi, senz’appoggi, senza mezzi, con la sola fede incrollabile nella santità del suo scopo ha fondato 130 pii istituti di educazione ed ha raccolto più di 150 mila giovanetti. Dotato di una attività prodigiosa e di una mente ordinatrice di primo ordine, estese prima in Italia la istituzione da lui fondata; poi in Francia, in Spagna e nell’America del Sud, fino all’ultima Palagonia.
Don Giovanni Bosco era nato a Castelnuovo d’Asti nel 1815 da famiglia di contadini discretamente provvisti. Un sacerdote, che lo vedeva incurante di qualunque disagio quando si trattava d’imparare e d’istruirsi, lo fece ammettere nel Seminario di Chieri.
Nel 1841 andò a Torino a compiervi gli studi di teologia. Fino da quel tempo, aiutato dalla madre, raccoglieva alcuni giovanetti in una camera presso San Francesco d’Assisi, l’istruiva e li conduceva a fare delle lunghe passeggiate nei dintorni della città.
Nel 1846, essendo cresciuto il numero degli scolari di don Bosco, egli aprì una specie d’istituto nel palazzo della marchesa di Barolo, che fu detto di San Francesco di Sales; un altro a Valdocco, ed un terzo sul corso Vittorio Emanuele. Nel 1848 fondava le scuole corali e strumentali e quelle serali, alle quali il municipio di Torino accontava un sussidio di 6000 lire.
Nello stesso anno gli fu tirato un colpo di pistola in chiesa mentre faceva una lezione di catechismo, e la palla gli sfiorò l’abito talare fra il braccio ed il petto; poco tempo dopo un forsennato, credendo forse di dar prova di liberalismo, lo assalì armato di coltello e Don Bosco sfuggi al colpo per mero caso.
Le istituzioni, dette Salesiane dal nome del primo istituto, andarono però sempre prosperando e a benefizio di esse furono molte le generose largizioni. Don Bosco potė comprare il fabbricato nel quale aveva impiantato il suo primo oratorio e giunse poi a costrurre la chiesa di Santa Maria Ausiliatrice che è costata da sè sola più di un milione.
Ma non tutto gli andò sempre del male a seconda; anzi trovò ostacoli grandissimi laddove appunto avrebbe creduto di trovare cooperatori. I parroci di Torino l’osteggiarono: poi il marchese di Cavour — padre del conte Camillo — vicario di Torino prima del 1848, ritenendolo uomo dannoso e non sapendo spiegarsi a qual fine raccogliesse ed istruisse tanti discoli raccolti per le vie di Torino, fu suo avversario implacabile. Si tentò perfino di mandare Don Bosco all’ospedale dei pazzi, ma egli con fine astuzia vi mandò invece i due sacerdoti ch’erano stati incaricati di accompagnarvelo.
Il conte Camillo Cavour fu invece fra i sostenitori di Don Bosco, come più tardi il Rattazzi.
Nel 1854, in occasione del colera, i giovani dell’Oratorio essendosi consacrati all’assistenza dei colerosi, l’istituzione ne acquistò grande popolarità e cominciò veramente allora ad espandersi.
Molti giovani usciti dalle di Don Bosco essendosi dedicati alla carriera ecclesiastica, si riunirono nel 1864 a vivere sotto una regola comune e nel 1874 Pio IX sanzionava la costituzione del loro ordine. Il 1° novembre 1875 un primo drappello di missionari salesiani per la Patagonia, la Terra del Fuoco e le isole Malvine; un’altra missione andò nel 1879 nei Pampas dell’Argentina e si calcola che 13 o 14 mila selvaggi siano stati convertiti al cristianesimo dalle due missioni.
Don Bosco era il braccio e la mente di tutto il vasto ordinamento della istituzione. Eppure trovava tempo di fondare anche una comunità di suore, intitolate a Maria Ausiliatrice, che ha circa trecento case nelle due parti del mondo; e non aveva del tutto abbandonato il culto della musica e delle belle lettere.
Don Bosco aveva fisionomia comune, animata però da occhi vivi ed intelligenti. Qualche cosa del contadino piemontese era sempre rimasta in lui, sebbene gli abitudini cittadine, le relazioni continue con persone di finissima educazione, lo avessero di molto modificato. Del contadino piemontese aveva però conservato le buone qualità, e particolarmente la tenacità nei propositi e la fede che debba riuscir bene quando si rivolge al bene. Aveva modi efficaci di discorrere e persuadeva facilmente l’interlocutore; quantunque la frase sua non fosse nè galante nè sciolta.
Da qualche tempo era affetto da lenta degenerazione del midollo spinale. Nel dicembre passato superò una grave crisi, dopo la quale non aveva potuto rimettersi in salute. Il 20 di gennaio la sua malattia rientrò nello stato acuto ed il peggioramento fu sempre progressivo e costante. Durante gli ultimi suoi giorni le quattro ripide e strette scale che portavano alla sua stanzetta furono salite dagli arcivescovi di Parigi, di Colonia, di Malines, di Treveri; il duca di Norfolk volle vedere l’austero prete piemontese e riceverne la benedizione. Due giorni prima di morire il malato fu colto da paralisi, e perdette la facoltà di parlare, conservando però lucidissima l’intelligenza.
Morì: calmo e sereno. Un’ora prima gli era giunta per telegrafo la benedizione di Leone XIII in articulo mortis.
La salma venne trasportata privatamente il 1° febbraio nella prima chiesa dell’Oratorio dedicata a San Francesco di Sales. Fu chiesta al ministro dell’interno l’autorizzazione speciale di seppellire Don Bosco nella chiesa di Santa Maria Ausiliatrice, già stata concessa l’anno scorso per il P. Lodovico da Casoria cappuccino; ma l’onorevole Crispi non credette conveniente accordarla. Il trasporto funebre e le esequie di Don Bosco furono solenni per straordinario concorso di popolo che si assiepava sulla piazza di Maria Ausiliatrice, nella via Cottolengo, sui corsi Principe Oddone e Regina Margherita e nelle vie adiacenti.
Il sacerdote Michele Rua ha annunziato in una circolare spedita a tutti i cooperatori salesiani ed alle figlie di Maria Ausiliatrice la perdita di Don Bosco.
Il sacerdote Rua annunzia in seguito che assume le veci di Don Bosco nella direzione dell’Oratorio Salesiano, e spera coll’aiuto dei confratelli di corrispondere alla comune aspettazione.
Si dice poi certo che la pia Società di San Francesco di Sales continuerà l’opera del suo esimio e compianto fondatore, specialmente per quanto riguarda la coltura della gioventù povera ed abbandonata e le estere Missioni.
Tratto da: L’illustrazione italiana rivista settimanale degli avvenimenti e personaggi…
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San Giovanni Bosco, o Don Bosco, nato Giovanni Melchior Bosco il 16 agosto 1815 a Castelnuovo d’Asti (villaggio del Principato di Piemonte, Piemonte-Sardegna), e morto il 31 gennaio 1888 a Torino (Italia), è un sacerdote italiano .
Dedicò la sua vita all’educazione dei giovani disagiati e fondò, nel 1859, la Società di San Francesco di Sales, meglio conosciuta come Congregazione dei Salesiani, e delle Figlie di Maria Ausiliatrice. È stato canonizzato da papa Pio XI il 1° aprile 1934, con il nome di San Giovanni Bosco. Si celebra il 31 gennaio secondo il Martirologio Romano1. È il santo patrono degli editori, degli apprendisti e degli educatori.